Sensazione di freddo negli ambienti:
in una camera da letto con una temperatura di 20°C e oltre 70% di u.r. si avverte una FASTIDIOSA SENSAZIONE DI FREDDO, PERCHÉ'?
Questa condizione è determinata da una serie di fattori tra i quali, oltre a quelli ambientali (elevata umidità relativa), concorrono anche quelli strettamente connessi alla qualità dell'involucro edilizio: ogni parete, soffitto, pavimento, e in generale ogni materiale, è in grado di emettere una radiazione (percepita dal nostro corpo) proporzionale alla temperatura alla quale lo stesso si trova.
Una parete o un pavimento troppo freddo, ad esempio, anche in un ambiente 'caldo' d'inverno (temperatura ambiente 20/22 °C) potrebbe generare una sensazione di freddo ( situazione di discomfort locale).
Per questi motivi lo studio del comfort termo-igrometrico di un ambiente ogni qualvolta si interviene in una ristrutturazione edilizia o in un progetto di riqualificazione energetica dovrebbe essere una regola, oggi ancora e troppo spesso disattesa!
Eppure questo studio è da poco cogente per la progettazione degli edifici pubblici, laddove bisogna garantire dei criteri minimi ambientali (CAM) ben definiti.
Nell'immagine il risultato di una simulazione del comfort di un ambiente (camera da letto), secondo la normativa vigente.
Il comfort termico di un ambiente dipende più in generale da fattori ambientali e caratteristiche specifiche del corpo umano; la sensazione di benessere termico è fortemente condizionata dalla presenza nell'ambiente circostante di superfici troppo fredde o troppo calde, da eventuali fonti di calore, da correnti d'aria, ecc.
La percezione dello stato di benessere termico è correlata a dati statistici che sono sintetizzati attraverso due parametri fondamentali: il PMV (voto medio previsto) ed il PPD (percentuale prevista di insoddisfatti): lo stato di benessere termico è per definizione raggiunto quando si consegue un PMV compreso tra +0.5 e -0.5, cui corrisponde una percentuale di insoddisfatti delle condizioni termiche pari al 10% (UNI EN ISO 7730).
Le situazioni di disagio termico più frequenti sono dovute ad 'asimmetria della temperatura radiante' o a alla presenza di un 'gradiente verticale' della temperatura dell'aria.
Ad esempio, in una stanza dotata di una parete particolarmente fredda, si è accertato che le condizioni di disagio termico si riscontrano quando la differenza di temperatura radiante risulta superiore o uguale ai 10 °C; in presenza invece di un soffitto freddo il disagio si avverte per differenze di temperatura radiante pari almeno a 22 °C.

La temperatura del pavimento può essere più calda o più fredda di quella dell’aria per effetto di scambi col terreno, oppure di appositi impianti di riscaldamento o raffreddamento inseriti nel pavimento; tale situazione determina una differenziazione della temperatura verticale dell'aria (l’aria tende a stratificare) che in alcuni casi genera disagi percepiti dall'occupante, poiché il sistema di termoregolazione umana genera una reazione fisiologica basata sulla media delle sollecitazioni termiche.
La grandezza che caratterizza l’effetto del gradiente verticale è la differenza di temperatura dell’aria tra le zone testa-collo e caviglie, cioè tra i livelli di altezza posti a 1.1 m e 0.1 m per la persona seduta; di norma bisognerebbe evitare una differenza di temperatura superiore ai 3°C tra le predette zone (valore che provoca l’insoddisfazione del 5% degli occupanti).
Il disagio termico provocato da un pavimento freddo, dovuto per esempio ad una scarsa coibentazione od alla presenza di un porticato sottostante, genera uno scambio termico attraverso i piedi che dipende dalla capacità e dalla conducibilità termica del materiale; si scopre così che la temperatura di un comune pavimento, per non creare disagio termico durante la stagione invernale, dovrebbe essere compresa tra 19 °C e 29°C.
Coniugare il risparmio economico che può ottenersi da interventi di riqualificazione energetica con i massimi livelli di comfort termico è possibile, a patto di affidarsi a Professionisti del settore.
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